Personaggi ed Intepreti

I principali personaggi della nostra vicenda sono quelli dell’Aminta originale, a volte con qualche differente sfumatura di carattere: Aminta, Silvia, Tirsi, Dafne, il Satiro. Ci sono ancora Venere e Cupido, ci sono Elpino e Nerina. Del tutto nuovi sono i pastori Caristo e Melisso, nonché le pastorelle Fillide ed Egle. Nuove, ovviamente, sono anche le figure del Regista, dello Spettatore e della Spettatrice. Nell’originale compaiono Proteo e Pan, con altri pastori e ninfe (Batto, Mopso, Licori), tutti assenti invece nel nuovo testo.

Aminta

Giovane orfano, cresciuto sotto la tutela del più anziano amico Tirsi, è dotato di spirito indipendente e di una moderna ambizione imprenditoriale. Molto sensibile alla passione e allo sconforto, appare fin dal principio ossessionato dal pensiero del suicidio; e quando crede Silvia perduta per sempre, si getta effettivamente nel vuoto, salvandosi per puro miracolo. A prescindere dallo scontato lieto fine, è un personaggio tragico.

Riccardo Dellaporta, IV A

Aminta mi sembra il tipico personaggio “che non invecchia mai”, dal momento che la sua figura coincide con il tema eterno e fondamentale dell’amore. Il suo sentimento si dimostra sincero e  travolgente, restando nel contempo fresco e  puro. L’amore lo rende forte (come quando salva la sua amata dal Satiro), ma anche e soprattutto debole (quando questa lo respinge). E’ un personaggio universale, in cui ci si può riconoscere.

Silvia

In un primo momento, la fanciulla si mostra assai forte e decisa nel respingere l’amore dalla propria vita, consacrandosi completamente a Diana e alla caccia. Ma non è fredda, crudele e insensibile, come Dafne l’accusa; piuttosto è impreparata a vivere un amore così precoce, intenso ed esclusivo, come quello che Aminta le offre: ne ha paura e lo fugge, facendosi dura e aggressiva. Ma porta in sé il peso del suo stesso rifiuto, che la fa cedere di schianto alla notizia della presunta morte di Aminta. Allora si rivela e si confessa innamorata.

Francesca Visconti, II A

Un gran bel personaggio, che non ho trovato difficile interpretare per quanto riguarda la prima parte della storia: quella in cui Silvia (mia coetanea, immagino …) appare acerba e testarda. Più impegnativa è stata la recitazione della seconda parte, quando si realizza la metamorfosi di Silvia, che deve riconoscere i propri nuovi sentimenti. In tal senso il laboratorio è stato per me educazione a una diversa emotività.

Il Satiro

E’ il personaggio più infelice e tragico della vicenda. Divorato dall’amore impossibile per Silvia, emarginato dalla sua condizione di “diverso” e soprattutto - egli crede - dalla sua posizione sociale ed economica inferiore (per lui, l’età dell’oro significa, al negativo, solo un mondo dominato dal potere e dalla ricchezza), sceglie la via della violenza, rinunciando all’umanità e alla civiltà che, forse, aveva tentato di perseguire.

Valerio Radicelli, IV A

Interpretare il Satiro non è stato semplice. Nel recitare il suo lungo monologo ho dovuto impegnarmi a dare alla voce tutte le diverse sfumature necessarie per esprimere i diversi sentimenti che agitano il personaggio: nel Satiro infatti convivono nello stesso momento il disperato amore per Silvia, la rabbia e il dolore per il di lei disprezzo e la sete implacabile di vendetta. Alla prima lettura del copione non sono riuscito subito ad entrare nella parte, ma col passare del tempo credo di avercela fatta a immedesimarmi nella tempestosa psicologia di questo personaggio, che pure – ve lo assicuro – è molto diverso da me!

Dafne

Compagna un po’ scontenta di Tirsi, ha il timore di invecchiare e mostra invidia per la più giovane Silvia. D’altra parte non manca in lei il desiderio della maternità e della stabilità. Il suo ruolo scenico sarebbe quello di consigliera di Silvia; ma Dafne non possiede l’equilibrio e la pazienza a ciò necessarie, si pone allo stesso livello della femminilità adolescenziale di Silvia, irritandosi e scontrandosi con lei irrimediabilmente. Ha comunque una acuta intelligenza e mostra di conoscere gli aspetti più ambigui e nascosti dell’eros. Come Tirsi sente attrazione per Silvia, così Dafne la sente forse per Aminta. Ma poi questa tentazione (forse solo una ripicca nei confronti di Tirsi) lascia il posto alla riconciliazione e alla corretta sistemazione di ogni problema: Dafne approfitta del clima euforico finale per strappare a Tirsi la promessa delle giuste nozze. La conclusione vede ricuperata da tutti la perduta armonia.

Giulia Bardoni, II A

In alcuni momenti particolari, soprattutto nella scena della lite con Silvia, mi sono del tutto riconosciuta nel personaggio di Dafne. In altri, più complessi sul piano psicologico, è stato più difficile. Ma considero l’esperienza positiva, anzi … fantastica.

Il Coro Pastorale

E’ formato da sei personaggi, tre maschili (Elpino, Caristo, Melisso) e tre femminili (Fillide, Egle, Nerina). Nella finzione scenica si tratta di un gruppo di abitanti della regione d’Arcadia, pastori o contadini, amici e compagni inseparabili gli uni degli altri. Il mondo che essi suggeriscono agli spettatori sta fra il fiabesco e il realistico, l’arcaico e il moderno, il serio e il comico.

Elpino

E’ forse la figura più limpida, umanamente e moralmente migliore di tutta la vicenda. E’ buono, generoso, saggio, paziente. Mentre Fillide ancora lo respinge, egli non accusa la donna, bensì dichiara che è solo sua la colpa di non sapere come farsi amare … Sa attendere: e alla fine raggiunge la felicità meritata, senza passare attraverso drammi, e sempre controllando con misurata ragione le proprie passioni. E’ anch’egli poeta e, più dello stesso, figura dell’autore.

Denis Valenti, IV A

Questo personaggio è interessante, perché non si lascia abbattere dalle avversità, ma cerca di trovare il modo per superarle. Significativa è la sua affermazione “l’amante è come lo scultore”, in quanto indica che bisogna agire e non subire gli avvenimenti. Elpino è un ottimista e alla fine realizza il suo più grande desiderio, che è quello di essere amato da Fillide. La speranza e la pazienza lo aiutano a costruire un’esistenza migliore. Io mi rispecchio molto in questo personaggio, perché anch’io cerco di raggiungere i miei obiettivi impegnandomi, senza farmi sopraffare dalle difficoltà.

Fillide

Un po’ come Silvia, ha paura dell’amore. E’ però più responsabile e matura della fanciulla di Aminta, e saprà convincersi (senza esperienze troppo drammatiche) che Elpino è l’uomo giusto della sua vita. L’effetto coppia viene così a moltiplicarsi gioiosamente.

Cecilia Baldini, IV A

Fillide non è poi un personaggio troppo diverso da me. All’inizio è indecisa e forse un po’ spaventata; poi saprà mostrare giudizio e fare la scelta migliore. Nell’interpretarla ho cercato il più possibile di mostrare il suo cambiamento: dall’iniziale indifferenza, venata di imbarazzo, a un comportamento comprensivo, saggio e apertamente affettuoso.

Caristo

E’ un tipo simpatico, un po’ sbruffone, a volte sboccato e certamente eccessivo. Amico di tutti, ma in particolar modo di Melisso, non si trattiene dal prenderlo in giro, sentendosi troppo più furbo di lui. E’ curioso e pettegolo, invidia non poco il carisma di Elpino, ama fare il malizioso, e si lamenta se non gli si dà piena fiducia o informazione.

Paolo Dallagiovanna, IV A

Definirei Caristo un personaggio “a metà”, in quanto la sua ragione di esistere – nello spettacolo – sta tutta nel gioco di coppia con Melisso. I due inseparabili e buffi amici si completano a vicenda, facendo da “spalla comica” l’uno dell’altro. Separati, non potrebbero vivere come personaggi. Mi sono affezionato a questa macchietta e mi diverte ancora molto essere Caristo. Non sono però curioso e non ficco il naso negli affari altrui: chi fa così e cerca sempre qualcosa negli altri è veramente una persona incompleta.

Egle

Questa pastorella è davvero un tipino un po’ pepato: ribelle, maliziosa, spregiudicata, con varie esperienze amorose sulle spalle, è anche assai curiosa e ritiene suo diritto conoscere i fatti e le vicissitudini di ogni abitante d’Arcadia. Alla fine può accompagnarsi solo con Caristo …

Irene Passarella, IV A

Interpretare Egle, lasciandosi andare a frequenti allusioni e a considerazioni maliziose, è stato un modo divertente per uscire da una certa mia riservatezza, confrontarmi con me stessa, e trovare un più schietto rapporto con tutto il gruppo dei miei compagni.

Nerina

Personaggio equilibrato, saggio, umile e buono, sa riconoscere pregi e difetti del piccolo mondo in cui vive. Parla con misura e dolcezza. E’ disposta ad intraprendere una storia con Melisso, di cui vede ed apprezza la fondamentale bontà di carattere. Si rende conto che la piccola comunità di cui fa parte non ha aiutato abbastanza il povero Aminta, né alcun altro amico in difficoltà, e con pacata fermezza richiama il gruppo al dovere della solidarietà.

Natalia Pregaglia, IV A

Il personaggio è molto simile, per certi aspetti, alla mia persona. Nerina è tranquilla e serena, vede sostanzialmente l’aspetto più bello delle cose, al punto da innamorarsi di un buffo ed ingenuo pastore quale è Melisso. Nell’interpretarla, ho cercato di evidenziare la sua bontà e gentilezza, l’affetto che nutre verso i suoi amici, anche quelli da lei più diversi, la sua capacità di cercare il meglio in tutto e in tutti, senza lamentarsi né criticare inutilmente.

Melisso

Giovane semplice e ingenuo, vede spesso le cose con occhio infantile, come quando crede possibile nella realtà la caduta della luna, vista da lui in sogno (non rendendosi conto che Egle e Caristo si prendono gioco della sua credulità). La comica sbornia che si prende durante la giornata è segno del suo desiderio di evasione da un mondo troppo difficile: Melisso si tiene stretta l’anfora del vino proprio come un bimbo fa col suo più caro orsacchiotto.

Giuseppe Marino, IV B

“Tu, Giuseppe, sei perfetto per fare la parte dello stupido … ”. Questa la frase usata dal prof. nel propormi la parte! Confesso di esserci rimasto un po’ male, non solo per me, ma anche per il mio povero personaggio. Melisso, devo ammetterlo, un po’ stupido lo è; ma è buono, sensibile, ingenuo ed emotivo, come un fanciullo. Ho tentato comunque di sfumare la sua innegabile stolidità con una certa dose di dolcezza. Mi sono ispirato al grande Massimo Troisi, che con il suo balbettio sapeva commuovere il cuore degli spettatori. E un po’ come Troisi, mi sono permesso di arricchire le battute del copione: mi è piaciuto recitare così, “a soggetto”, trascinando nella libertà dell’invenzione anche Paolo, ovvero Caristo. Il mio Melisso è “semplicemente complicato”, come un bimbo che gioca a fare l’adulto, ma teme di assumerne le inevitabili responsabilità. Non lo fa apposta, ma è il solo personaggio veramente comico del dramma, se intendiamo con la parola “comico” colui che fa ridere con i suoi strafalcioni e nello stesso tempo commuove con la tenerezza che ispira

Venere e Cupido

Nel testo originale compaiono rispettivamente nel Prologo e nell’Epilogo. Qui appaiono insieme, all’improvviso, in una scena movimentata, in cui la dea madre insegue il figliolo ribelle con l’intenzione di dargli almeno qualche scapaccione … Venere rinuncia però al suo primo intento, riconoscendo la verità e la incredibile saggezza delle parole di Cupido sull’amore.

Serena Canzano, IV A e Federica Tosca, II A

Venere è una delle maggiori dee dell’Olimpo, ma – si sa – è anche una madre, e come tale si preoccupa di quello che sta combinando il suo pargolo, Cupido. Quando scopre che lui le ha ancora disubbidito, scagliando le sue perturbanti frecce nel mondo semplice e tranquillo dei pastori, sembra proprio decisa a punirlo una volta per tutte. Ma dovrà ammettere che il giovane dio aveva ragione: l’amore è uguale per tutti e non può risparmiare nessuno. Così lo perdona, perché è vero che Venere sarà una dea potente e orgogliosa, ma in fondo è una mamma …e una mamma resta sempre una mamma. Mi è piaciuta la chiave comica, umana e domestica, con cui il professore ha voluto che interpretassi la dea.

Cupido … un ruolo spiritoso e frizzante, che ho affrontato con allegria. E’ un bambino vivace e ribelle, che si diverte a disubbidire alle istruzioni della sua genitrice, anche perché – con insospettabile maturità – capisce, lui per primo, la fondamentale necessità dell’amore quale esperienza unica per una migliore conoscenza di sé e del mondo. E’ un personaggio che mi ha dato la possibilità di essere nello stesso tempo seria e ironica, leggera e profonda, ritrovando due diversi aspetti del carattere mio proprio.

I personaggi fuori scena

Tre personaggi, in abiti di oggi, intervengono ad un certo punto a infrangere l’illusione scenica: sono il Regista stesso dello spettacolo, con uno Spettatore e una Spettatrice. Essi salgono sul palco e interrompono la favola, prendendo a discutere del suo valore e del suo significato. IL REGISTA (Mattia Sguazzini, II A) : Penso che il ruolo del Regista, benché di breve durata, sia molto importante. Egli intende infatti verificare la giusta comprensione della favola che ha messo in scena ed interroga a tale proposito i due spettatori che sono al suo fianco. Ascolta con interesse le loro valutazioni e controbatte, con cortesia, ma anche con decisione. Interpretando questa parte, ho cercato di far notare il fatto che, nonostante i due spettatori diano interpretazioni parziali ed errate, lui li sta ad ascoltare con pazienza, guidando poi gli interlocutori (e tutto il pubblico) verso la corretta interpretazione del testo, con un atteggiamento da “coro greco” o almeno da narratore onnisciente. LO SPETTATORE (Nicolò Rebasti, IV A) : E’ una presenza breve, ma appariscente, e soprattutto utile ai fini della comprensione dello spettacolo. Inizialmente lo Spettatore non approva l’allestimento di una favola pastorale del Cinquecento, nata solo per divertire un pubblico ozioso di cortigiani; poi si rende conto di certi aspetti ancora attuali e ne prende atto. Personaggio serio, pratico, poco incline al sentimentalismo, dotato di una certa cultura storica e letteraria, rispecchia poco la mia personalità; però ho capito come interpretarne il ruolo abbastanza bene. LA SPETTATRICE (Virginia Cagnoni, IV A) : Si tratta di una figura “romantica”, che vede la vicenda solo come una bella storia d’amore, e che per questo viene criticata dal più cinico Spettatore e comunque disillusa dallo stesso Regista. Nonostante questa tendenza al romanticismo, la Spettatrice sa poi comprendere le vere caratteristiche dell’opera e mostra anzi una buona capacità di ragionamento e riflessione. Per me è stato un po’ difficile interpretare questo ruolo, poiché non sono affatto un tipo romantico: dare alle mie battute l’aria della sognatrice è risultata un’impresa. Ma spero di avercela fatta.

Mattia Sguazzini (II A), Nicolò Rebasti (IV A), Virginia Cagnoni (IV A)

Mattia Sguazzini (II A), Nicolò Rebasti (IV A), Virginia Cagnoni (IV A)

Ninfe

C’è infine un gruppo di ninfe, che fanno la loro breve apparizione danzando i versi che Elpino dedica alla misteriosa “Amaranta”. Si è cercato in tal modo di dare vita ad uno spettacolo prezioso e vario, ora lieve e sorridente ora malinconico e serio, di prosa e poesia, musica e danza, in grado di dilettare anche il pubblico di oggi, rinfrescando senza tradirla l’impronta inconfondibile del suo primo autore.

Chiara Abelli (IV B), Letizia Spinola (II A), Irene Cardaropoli (I B), Clara Gallinari (I B)e Olivia Emmanuelli (I B)