AULIDE. ULTIMI AGGIORNAMENTI SUL CASO IFIGENIA
RECITARE: IL TESTO E I TESTI NEL TESTO
Come si è già detto, quello che tiene in piedi uno spettacolo drammatico di tipo classico è la parola.
Ne consegue che la recitazione deve avere come obiettivo il ricupero o il reperimento di una potenza della parola, che da troppo tempo risulta perduta o quanto meno attenuata. Il dinamico studentello del 2000, la liceale moderna e disinibita, pur così immersi nella infosfera dei nostri tempi, di fronte all’impegno della parola, soprattutto vocale, con l’obbligo di dare ad essa un corpo-strumento (il proprio) e farla davvero viva ed efficace, si disorientano facilmente, tendono a rifiutare la prova, a sfuggire nel divertissement o nella semplice assenza. Poi per fortuna, quasi sempre, si compie il miracolo: ciascuno principia a sentirsi coinvolto dall’insieme, lo spettacolo-mostro decolla, per sua stessa misteriosa iniziativa, li afferra, li comanda, li induce a collaborare sempre di più e sempre meglio, a rispondere convinti al rischioso investimento che è stato fatto su di loro.
A questo punto, il ragazzo si sente, ed è, attore e vuole a sua volta domare quel mostro-spettacolo che lo ha domato. Uno dei più mostruosi membri della pluricòrpore belva è il prof. Bruno Civardi, che tiene le lezioni e le prove di recitazione: egli, ossessionato come e più di tutti gli altri dall’incertezza dei risultati, incita e sgrida, minaccia scorrettamente ritorsioni ed oscure vendette, urla e comanda di ripetere scene e battute, critica ogni cosa, raramente approva (forse quando, per stanchezza, si accontenta…), imita e recita lui stesso un po’ di tutto, guitto ed istrione in mezzo agli altri, al di là di ogni residuato bellico di ormai perduta gravitas professorale.
Eppure tutto questo deve avere una sua dignità educativa. Come fare?
La risposta non la possediamo, non almeno in termini astratti ed assoluti. Ecco tuttavia lo schema delle esercitazioni eseguite, che noi percepiamo essere state importanti, e serie:
- potenziamento della voce e del respiro
- lettura e recitazione, con scansione rallentata e ben individuata delle parole
- lettura e recitazione con alternanza ritmica: piano/veloce, e viceversa
- lettura e recitazione con sottolineatura di parole ed espressioni significative, da rimarcare ed isolare
- osservazione e riproduzione delle tonalità e dei fattori musicali, in aderenza alla situazione del contesto: esclamazione, interrogazione, comando, sospensione, sorpresa, ironia, amarezza, sofferenza, ecc.
- analisi dei caratteri dei personaggi e del loro linguaggio specifico; gioco di scambio delle parti
- registrazione su audiocassette delle singole parti (monologhi e/o dialoghi), come esercizio di recitazione ed autoascolto
- studio della mimica, del gesto, della posizione in scena, e della loro combinazione con la parola detta (collaborazione di più significanti quale espressione di più significati)
- montaggio delle scene e della struttura d’insieme dello spettacolo (testo spettacolare)
- declamazione e cantillazione dei brani corali, in collaborazione con il M° Baldin
- visione di videocassette di spettacoli tragici di tipo classico
A questo artigianale laboratorio ed alla sua rampante compagnia di studenti/attori è stato affidato un testo bello, ma difficile, fatto di brani evocativi e di tipo lirico-patetico, alternati a sfuriate drammatiche e violente, con intervalli di ragionamento freddo e beffardo, a imitazione della retorica sofistica dei tempi di Euripide, mescidata con qualche pizzico di Machiavelli.
Nel tessuto originale dell’opera risultano inseriti brani di altri autori, e molte pagine del tutto nuove. Già più volte abbiamo ricordato che la nostra pàrodo riprende i versi 80-101 del I libro del poema di Lucrezio; l’esametro finale, polemico e sentenzioso (“Tantum religio potuit suadère malorum!”), è stato tradotto in greco, con qualche libertà, al fine di dare, per quanto artificialmente, una piccola eco di quel mondo:
“Tàuta mèn èpraxe Pèitho, tòsous dé kakòus etélese” , che sarebbe:
“Queste cose fece dunque la Persuasione, e simili malvagi produsse!”
Molte sono poi le reminiscenze omeriche, in particolare dalla Iliade, sia a livello di linguaggio sia di figure: la spia Dolone, ad esempio, viene dal X libro di quel poema, oltre che dal dramma pseudo-euripideo Reso. Invece la intraprendente Pasifile è suggerita da un frammento del poeta Archiloco, lirico dell’età arcaica (VII sec. a. C.):
“Ficàia di roccia, che nutre molte cornacchie, accogliente riceve gli ospiti Pasifile…” (Tarditi, 16)
Il canto del Coro nell’esodo ricalca una preghiera dell’illuminista francese Voltaire (1694-1778), presente nel suo Trattato sulla tolleranza, del 1763. Infine bisogna ricordare la presenza di Salvatore Quasimodo (1901-1968), i cui celebri versi finali di Uomo del mio tempo (da Giorno dopo giorno, 1947) sono diventati contrappunto corale alla Canzone di Ifigenia, dimostrando per altro una insospettata disponibilità musicale:
“Dimenticate, o figli, le nuvole di sangue…”