AULIDE. ULTIMI AGGIORNAMENTI SUL CASO IFIGENIA

SCENE E COSTUMI

L’idea iniziale era di preparare uno sfondo dipinto, di cartongesso, che rappresentasse il paesaggio di Aulide, con la città e il porto, l’accampamento acheo, le navi all’ancora, le montagne e i boschi: il tutto a imitazione di un bozzetto che ricostruisce, secondo alcuni studiosi, la scenografia ideale dell’Aiace, di Sòfocle. Davanti al fondale, avremmo poi montato una tenda, che non sarebbe stata quella del Telamonio, ovviamente, bensì di Agamennone, riconoscibile dall’insegna dei leoni di Micene (cui fa riferimento uno dei telegiornali del testo). Già erano stati approntati dei disegni per tale scenografia.

Successivamente però, abbiamo preferito optare per qualcosa di meno tradizionale ed oleografico: una scena sobria, costituita solo dalla tenda e, ai lati di questa, da alcune figure, di circa 2 metri di altezza, dipinte su pannelli di legno leggero. Tali figure si raggruppano in due diverse serie:

guerrieri e cavalli, in atteggiamento scomposto, di battaglia
donne in processione funebre, con atteggiamento ieratico e raccolto

Le figure sono ispirate a celebri disegni di John Flaxman (York, 1755 – Londra, 1826), incisore e scultore ammirato da Blake, da Ingres, da David, membro prestigioso della Royal Academy britannica. Visse a lungo a Roma, ove concepì e disegnò le sue illustrazioni dell’Iliade, dell’Odissea, delle tragedie di Eschilo e poi anche della Divina Commedia, che corredarono pregiate edizioni contemporanee di quei capolavori. La prima serie dei nostri pannelli è tratta per l’appunto dall’Iliade; la seconda riguarda Le Coèfore, dramma centrale dell’Orestea (rappresentava Elettra, che reca offerte alla tomba de padre con un accompagnamento di kòrai, fanciulle). Siamo nell’ambito del Neoclassicismo europeo, il quale, sulla scia della Storia dell’arte nell’antichità di J. J. Winckelmann (1764), andava ricuperando ed esaltando, quali modelli assoluti di perfezione formale, le opere del mondo greco, omerico e classico.

La serie guerriera sarà visibile in scena nella prima parte dello spettacolo, fino al terzo stasimo compreso. Dopo l’intervallo, il pubblico potrà subito cogliere il mutamento di atmosfera attraverso l’esposizione della seconda serie di pannelli, connessi all’idea della morte e del lutto per Ifigenia.

Un ulteriore elemento scenico sarà il simulacro della dea Artemide, anch’esso su pannello ligneo, da esporre in un angolo del proscenio all’inizio e alla fine del dramma. Alto circa due metri e mezzo, il simulacro deve suggerire, con il proprio incombere, l’idea del potere divino e della fatalità. Il modello su cui si è lavorato si ispira alla statua greca di Artemide cacciatrice, risalente al IV secolo a. C. ed oggi al Museo del Louvre di Parigi. Essa mostra la dea vergine in tunica succinta, con la mano destra che sta per estrarre un dardo dalla faretra posta sulle sue spalle, e con la mano sinistra che tiene per le corna un piccolo cervo.

Più artigianale è stata la fabbrica dei costumi. Ogni attore si è procurato e confezionato il proprio, sulla base di alcuni schizzi, predisposti (con grande amore e perizia) da Beatrice Valle, cui abbiamo dato il nostro convintissimo imprimatur.