Piano Offerta Formativa a. s. 2000-2001
ORFEO ed EURIDICE
liberamente ispirata alla favola di A. Poliziano (1480)
Testi di Bruno Civardi
Musiche di Giangiacomo Pinardi
Coreografie di Nicoletta Vercesi
Scenografie di Gabriella Dapiaggi
Luci e interventi tecnici di Gaetano Costa
Si ringrazia sentitamente l’Amministrazione Comunale di Broni ed in particolare l’Assessorato alla Cultura, Spettacolo e Politiche Giovanili, nella persona della Sig.ra Bancher prof. Patrizia. Si ringraziano inoltre l’Amministrazione Provinciale di Pavia e tutte le istituzioni e le persone che hanno dato, in vario modo, un contributo alla realizzazione di questo Progetto e all’allestimento dello suo spettacolo finale.
Formalmente, si apparenta al genere detto dramma pastorale, anticipato dal Poliziano stesso e poi sviluppatosi nel Cinquecento in obbedienza ai canoni poetici aristotelici e quindi con maggiore regolarità strutturale. Si tratta in sostanza di un’egloga o bucolica recitata e sceneggiata.
Il testo del Poliziano (Firenze, 1454-1494) è stato rimaneggiato e trasformato in un prosimetro, con l’alternanza di nuove parti in prosa alle parti lasciate nei versi originali. Si è data inoltre all’opera una struttura drammaturgica di tipo classico, in cinque atti, più un prologo ed un epilogo. L’inizio è, come da tradizione, idillico e comico; il nucleo centrale è tragico; la conclusione è seria, ma – contrariamente al dato mitico universalmente noto – lieta e positiva.
Oltre a ciò, è giusto aggiungere che la stesura definitiva del testo ha accolto i contributi, più o meno espliciti, di molti altri autori, di ogni tempo. Tra questi:
- Saffo (Lesbo, VII-VI sec. a. C.)
- Catullo (Verona, I sec. a. C.) e i Neoteroi
- Virgilio (Mantova, 70-19 a. C.)
- Ovidio (Sulmona, 43 a. C.- 18 d. C.)
- F. Petrarca (Arezzo, 1304-1374)
- T. Tasso (Sorrento, 1544-1595)
- R. Calzabigi (Livorno, 1714-1795)
- V. Monti (Alfonsine, 1754-1828)
- G. Leopardi (Recanati, 1798-1837)
- L. Aragon (Parigi, 1897-1982)
Tra il pubblico, qualcuno riconoscerà certamente, se non tutte, molte delle citazioni e delle reminiscenze sparse nel testo. Ma una delle più belle e ricche di effetto vogliamo esplicitarla da subito, anche perché molto preziosa e poco nota. Si tratta di un frammento di epigramma (VI Morel) del poeta latino Porzio Lìcino, uno dei Neoteroi o Poetae novi, dell’età di Catullo: due distici, nei quali viene gridato che il fuoco dell’amore arde anche nel sereno mondo dei pastori:
Custodes ovium tenerae propaginis, agnum,
quaeritis ignem? Ite huc: quaeritis? Ignis homost!
Si digito attigero, incendam silvam simul omnem:
omne pecus flammast, omnia quae video!
Questo drammatico grido ritornerà nelle parole di Aristeo, in chiusura del primo atto, foriero di tragiche conseguenze.