IL GIORNALE DELL’OLTREPO’,MAGGIO 2008 (SECONDO NUMERO) – di Antonella Castellazzi Ferrari

Gemellaggio Broni – Ferrara

ALLA RICERCA DELLA FELICITA’

L’Aminta rappresentato dal Laboratorio del Liceo bronese

Successo scontato per la rappresentazione di “Aminta” sabato scorso al Teatro De Tommasi di Broni. La rielaborazione del testo del Tasso a opera del Laboratorio Teatrale del Liceo, patrocinata dal comune e sponsorizzata dalla Banca del Monte e dai Lyon’s di Stradella e Broni, ha aperto le celebrazioni del gemellaggio fra Broni e Ferrara, città in cui l’opera fu scritta. Qui, nell’estate del 1573, Alfonso II d’Este invitò la sua corte all’isola del Belvedere, sul Po, luogo ameno di spettacoli e feste, perché assistesse al dramma pastorale del giovane poeta Torquato, da poco entrato al servizio del duca. Fu un successo. L’Aminta recitato dai ragazzi del Liceo è una riedizione mediata fra la classicità rinascimentale originaria e un’interpretazione moderna, capace di mantenere il grande valore della poesia e di trasferirne l’universalità al pubblico attuale. L’operazione, non facile, è stata condotta con la consueta maestria dal prof. Bruno Civardi nell’ambito dell’offerta formativa del Liceo per l’anno scolastico in corso. Continua così l’itinerario di conoscenza dei classici, passato negli anni scorsi attraverso Orfeo ed Euridice del Poliziano, Ifigenia in Aulide, Il Ciclope e Le Troiane di Euripide. Un modo di avvicinarsi e approfondire lo studio delle grandi letterature del passato assai più accattivante per gli studenti del metodo tradizionale, “un’esperienza – ha sottolineato il Preside prof. Teresio Nardi – che i ragazzi non dimenticheranno più”. Del resto, i giovani interpreti sono stai bravissimi. Seri al pari di professionisti e palesemente felici di vivere insieme un momento di creatività e cultura tanto coinvolgente. “E’ stata una festa della parola e della poesia” – ha detto Civardi. “Una realizzazione che merita – secondo l’assessore Bongiorni, intervenuto col sindaco Paroni – anche palcoscenici più autorevoli”. Siamo d’accordo: ottimi tempi, ritmo vivace e senza smagliature, tenuta dell’attenzione, recitazione spontanea e disinvoltura crescente, in alcuni casi (come il Melisso di Giuseppe Marino) “a soggetto”, da commedia dell’arte; mimica e sincronismo con le parole studiatissimi (bravi il Satiro, Valerio Radicelli; Venere, Serena canzano; Dafne, Giulia Bardoni; ma non solo). Raffinate le melodie rinascimentali scelte da Giangiacomo Pinardi, precisa e prospettica la scenografia prodotta dalla bottega artistica di Domenico Pinardi e dal suo agguerrito gruppo di studenti detto “Le Macchie”, elegante la coreografia di Nicoletta Vercesi, come anche i costumi disegnati da Giulia Ricotti; luci complici di Andrea Tisato. Il tutto sapientemente dosato dalla regia di Civardi, che ha rielaborato il testo eliminando le parti oggi meno adatte alla rappresentazione, introducendo personaggi nuovi (fra cui il Regista e due Spettatori: furbo escamotage per affermare l’attualità dell’opera), nonché rime del Tasso medesimo, di Ariosto, Leopardi, Monti, Sannazzaro, Michelangelo. Ne è risultato un prodotto teatrale piacevole, a dispetto della difficoltà di trasferire in linguaggio accessibile un testo impegnativo del tardo Rinascimento, in cui l’amore e la ricerca della felicità assurgono a valori universali, pur nella veste leggera di una favola di corte.